Alzi la mano quanti, durante quest’estate che ci stiamo lasciando alle spalle, magari proprio mentre si stavano recando nei luoghi di villeggiatura con le loro famiglie, non hanno imprecato verso i tanti cantieri di lavori lungo l’autostrada: causa di rallentamenti se non code bibliche? Ops! Non posso abbandonare la tastiera…
Pur concordando che gran parte di questi lavori, soltanto con un minimo di programmazione in più, avrebbero potuto essere fatti in precedenza (ad esempio durante il lockdown, che per diversi mesi aveva praticamente bloccato la circolazione di persone e merci tra le regioni) evitando così il “congestionamento” estivo, va detto che spesso si tratta però di lavori per la nostra sicurezza ed incolumità.
L’autostrada più sicura d’Italia: asfalto drenante e led
L’autostrada più sicura d’Italia, in tal senso, è l’Agrate-Melegnano sull’A58-Teem in Lombardia (dato Aiscat del novembre 2019) in assoluto, l’arteria con meno incidenti nel Paese. E grazie proprio a lavori e migliorie: il sistema di asfalto ad alta tecnologia, in particolare, con tanto di led salvavita. Gli oltre 75mila utenti – automobilisti, motociclisti e autotrasportatori – che abitualmente la percorrono nei giorni lavorativi, non a caso, si dichiarano “sereni” (indagini di customer satisfaction). L’asfalto drenante del tratto autostradale è composto dall’impiego di un manto bituminoso, sottoposto a controlli e manutenzione costanti che in caso di perdurante maltempo assicura l’aderenza dei pneumatici. In più il viaggiatore, in caso di precipitazioni torrenziali o nebbia, viene “accompagnato” appunto lungo il suo tragitto da una scia luminosa di luci a led: duemila in totale, poste ogni 30 metri e ad un’altezza di 90 centimetri sullo spartitraffico nei due sensi di marcia. Sono attivate da 52 sensori elettronici posti lungo la tratta che, se rilevano tassi di umidità elevati (oltre il 65%) e quindi potenzialmente pericolosi integrano – in caso di muri d’acqua, banchi di nebbia, copiose nevicate – l’illuminazione tradizionale.
Le cinque autostrade più pericolose d’Italia
Quella citata rappresenta un’eccellenza italiana. Purtroppo, però, ci sono pure “casi critici”. In tal senso, parla chiaro il monitoraggio effettuato dall’ACI sulla rete di strade e autostrade italiane con rilevamento e studi sugli incidenti stradali (statistiche disponibili a partire dal 1996). Nonostante il numero di incidenti mortali negli ultimi anni sia in costante calo grazie ai migliori dispositivi di sicurezza ed alle campagne di sensibilizzazione, cinque autostrade restano tradizionalmente le più pericolose d’Italia. Sono: l’A1, la cosiddetta Autosole tra Milano, Roma e Napoli (soprattutto a nord, con maggiore incidenza in corrispondenza di entrate ed uscite); la A4 Torino-Trieste (specie il raccordo con l’A8 Milano-Varese e l’uscita di Bergamo); la A14 Adriatica tra Bologna e Taranto, che nel periodo estivo porta alle spiagge di Romagna, Marche e Puglia; la A3 Salerno-Reggio Calabria (le uscite di Sibari nel Cosentino e di Pizzo nel Vibonese); ed infine il Grande Raccordo Anulare di Roma, con il triste primato di quasi 10 incidenti a chilometro (9.94). Altri dati sollevano il velo anche sulla rete di autostrade ligure, ed in particolare su tre tratti: Genova-Savona, Genova-Sestri Levante e Genova-Serravalle.
Pericolosità e comportamenti di guida: ce lo chiede l’Europa!
A ben guardare, però, la pericolosità (o non pericolosità) di strade e autostrade dipende in primo luogo da noi: l’uso non corretto dello smartphone al volante, il superamento dei limiti di velocità o le cinture non allacciate. Per non parlare, ovviamente, di guida in stati di alterazione (per uso di alcool e droghe). «La sicurezza stradale è un bene di tutti, senza eccezione alcuna! – ha spiegato Daniela Stradiotto direttore centrale per le specialità della Polizia di Stato presentando la campagna di comunicazione “L’Unione fa la Sicurezza” nata dalla collaborazione tra Polizia e Autostrade – Deve far riflettere che la principale causa di incidenti, pari al 90,1%, è dovuta a comportamenti inaccettabili. L’Europa ha chiesto di dimezzare il numero di vittime entro il 2030 e di azzerarlo entro il 2050».